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21 Dicembre 2019

Pir chiamati a privilegiare gli investimenti nelle Pmi

di Alessandro Germani


 

Il decreto fiscale aggiorna dal 2020 le regole per le emissioni dei Pir, che dovranno investire di più nelle piccole e medie imprese. In questo modo si superano le criticità della legge di Bilancio 2019. I piani individuali di risparmio sono stati introdotti con la legge di Bilancio 2017 per incoraggiare gli investimenti a lungo termine (holding period di cinque anni) nelle Pmi nazionali da parte di persone fisiche non imprenditori in relazione ai redditi di capitale (dividendi e interessi) e diversi (capital gain) conseguiti, all'interno di un range di 30mila euro annui e 150mila complessivi. È stata prevista anche un'agevolazione per i redditi degli enti di previdenza obbligatoria (le Casse) e complementare (i fondi pensione) derivanti da investimenti a cinque anni nel capitale delle imprese e nei Pir, entro un limite investibile pari al 5% degli asset, innalzato al 10% dalla legge di Bilancio 2019. Un'agevolazione garantita all'ambito retail (Pir) e a quello istituzionale di casse e fondi (per investimenti a lungo termine) finalizzata a canalizzare il risparmio di tali soggetti alle imprese, principalmente Pmi, sfruttando la leva fiscale. I numeri a livello di emissioni di Pir (10,9 miliardi nel 2017 e 4 miliardi nel 2018) testimoniano la bontà del progetto.
La legge di Bilancio dello scorso anno, per le emissioni a decorrere dal 2019, aveva previsto che, della quota del 70% da destinarsi a imprese radicate nel territorio nazionale (italiane o stabili organizzazioni in Italia di società estere): almeno il 5% (cioè il 3,5%) dovesse riguardare strumenti finanziari quotati su sistemi multilaterali di negoziazione (Aim per azioni ed ExtraMot Pro per obbligazioni); almeno il 5% (cioè il 3,5%) quote o azioni di fondi per il venture capital o di fondi di fondi per il venture capital. Tale misura ha di fatto bloccato le emissioni del 2019, per via dei vincoli eccessivi.
L'articolo 13-bis del Dl fiscale ha dunque stabilito che: per le emissioni dei Pir dal 2020 la quota del 70% riguardi strumenti finanziari anche non negoziati su mercati regolamentati o Mtf emessi da imprese radicate nel territorio nazionale (aspetto immutato); almeno il 25% di tale 70% sia investito in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell'indice Ftse Mib o equivalenti (novità); almeno un ulteriore 5% in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle dell'indice Ftse Mib e Ftse Mid o equivalenti (novità). Inoltre, per casse e fondi pensione viene meno la regola dell'unicità del Pir, per cui le persone fisiche possono essere titolari di un solo piano e ciascun piano non può avere più di un titolare. Restano salve le regole originarie del 2017 e le modifiche del 2019 in quanto compatibili, mentre per le emissioni del 2019 continuano ad applicarsi le norme della legge di bilancio 2019.
La norma sembra convergere verso i desiderata del mercato posto che: almeno il 25% del 70% (prima era il 30%) deve essere investita fuori dall'ambito del Ftse Mib, ovvero delle grandi imprese quotate; almeno un ulteriore 5% di tale 70% va indirizzato verso imprese fuori sia dal Ftse Mib sia anche dal Ftse Mid, che riguarda le medie imprese quotate. Il 25%, quindi, può anche riguardare imprese del Ftse Mid, mentre l'ulteriore 5% deve essere fuori da entrambi. La canalizzazione verso imprese piccole e piccolissime e in generale verso l'Aim appare dunque evidente.

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